Risarcimento danni da amianto

Vogliamo darti il supporto che cerchi perchè il giusto risarcimento dei danni causati dall’amianto è un tuo diritto.

L’amianto è una sostanza estremamente pericolosa per la salute dell’uomo. È stato utilizzato in larghissima misura nel corso del novecento sia nell’industria siderurgica che nell’edilizia ed è ancora oggi molto diffuso. Per questo motivo molte persone sono state esposte alla sua azione nociva e così si sono ammalate di asbestosi e nei casi più gravi di mesotelioma o di altre forme di cancro.

Ai lavoratori che hanno contratto una malattia a causa dell’amianto l’ordinamento riconosce il diritto ad una compensazione monetaria, costituita in primo luogo dalla rendita dell’INAIL e, in secondo luogo, dal risarcimento integrale del danno cui è tenuto il datore di lavoro che non ha adottato le necessarie misure di prevenzione.

Se pensi di essere vittima di una malattia causata dall’amianto o se pensi che ad esserne vittima sia o sia stato un tuo congiunto, puoi contattarci: insieme verificheremo se sussistono i presupposti per chiedere all’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale della malattia o per inviare una richiesta di risarcimento al datore di lavoro, che non ha rispettato la normativa a tutela della salute dei lavoratori.

Il nostro team di legali e medici forte di un’esperienza pluriennale in questo tipo di casi, sarà in grado di assisterti in tutti gli aspetti della controversia

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In questa pagina cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti che ci vengono poste in tema di danni da amianto.
Se hai dubbi o richieste non esitare a contattarci al numero verde 800 034 223.

Quali sono i danni causati dall’amianto

L’amianto è una sostanza estremamente pericolosa per la salute dell’uomo. Purtroppo è stato utilizzato in larghissima misura nel corso del novecento sia nell’industria siderurgica che nell’edilizia ed è ancora oggi molto diffuso. Per questo motivo molti dei lavoratori che sono stati esposti all’azione nociva delle fibre di amianto si sono ammalati (anche diversi anni dopo la prima esposizione) di asbestosi, di placche pleuriche, di ispessimenti pleurici e nei casi più gravi hanno contratto malattie come il mesotelioma pleurico, il mesotelioma pericardico, il mesotelioma peritoneale, il mesotelioma della tunica vaginale del testicolo o altre forme di cancro come il carcinoma polmonare o il tumore della laringe.

Che tipo di compensazione si può richiedere

Ai lavoratori o agli ex lavoratori che hanno contratto una malattia professionalea causa dell’esposizione all’amianto l’ordinamento riconosce il diritto ad una compensazione monetaria, costituita:

  • dalla rendita dell’INAIL, che sorge nel momento in cui l’INAIL riconosce l’origine professionale della patologia;
  • dal risarcimento integrale del danno cui è tenuto il datore di lavoro o l’ex datore di lavoro che non ha adottato le misure di prevenzione poste a tutela dei dipendenti e degli altri soggetti che siano stati contaminati dall’amianto.

Come ottenere il riconoscimento della malattia professionale per esposizione ad amianto

Se a un lavoratore o ad un ex lavoratore viene diagnosticata una malattia professionale correlata all’esposizione all’amianto ha diritto di ottenere dall’INAIL una serie di prestazioni economiche e sanitarie.

L’INAIL è infatti l’Ente al quale è affidata la gestione dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Per poter ottenere dall’INAIL le prestazioni il lavoratore deve far sapere all’Istituto che si è ammalato e quindi denunciare questo fatto.

Alla denuncia va allegato un certificato medico in cui deve essere indicato il domicilio del lavoratore il luogo nel quale si trova eventualmente ricoverato e una relazione medica sui sintomi della malattia.

Per accelerare e semplificare la procedura di denuncia l’INAIL ha introdotto la possibilità di inviarla telematicamente.

La Sede INAIL territorialmente competente a ricevere la denuncia è quella in cui il richiedente ha il domicilio.

Una volta ricevuta la denuncia l’Istituto avvia un procedimento amministrativo per verificare l’effettiva sussistenza della patologia e dei presupposti per accogliere la richiesta. Se questa verifica ha esito positivo l’Istituto eroga in favore del richiedente le prestazioni in denaro o assistenziali previste dalla legge.

Rendita INAIL

Il riconoscimento dell’origine professionale della patologia attribuisce al lavoratore il diritto di ottenere dall’Istituito la corresponsione di un indennizzo che generalmente consiste in una prestazione in denaro. A seconda della patologia l’INAIL può erogare anche delle prestazioni di natura assistenziale consistenti ad esempio in cure ambulatoriali, termali, soggiorni climatici ovvero nella fornitura di protesi e presidi medici.

Se la malattia professionale provoca un’inabilità permanente e quindi un “danno biologico” al lavoratore l’INAIL indennizza anche questo danno. Se i postumi permanenti sono superiori a 16 punti percentuali, come nel caso di un mesotelioma pleurico, l’Istituto corrisponderà al lavoratore un indennizzo sotto forma di rendita mensile, mentre per gradi di invalidità compresi fra il 6% e il 15% l’indennità verrà pagata in un’unica soluzione (una tantum). Per gradi di invalidità inferiori a 6 punti percentuali non è invece dovuta alcuna indennità per danno biologico.

La Sede INAIL territorialmente competente a ricevere la denuncia è quella in cui il richiedente ha il domicilio.

Il termine per chiedere il riconoscimento della malattia professionale

Il riconoscimento dell’origine professionale della patologia attribuisce al lavoratore il diritto di ottenere dall’Istituito la corresponsione di un indennizzo che generalmente consiste in una prestazione in denaro. A seconda della patologia l’INAIL può erogare anche delle prestazioni di natura assistenziale consistenti ad esempio in cure ambulatoriali, termali, soggiorni climatici ovvero nella fornitura di protesi e presidi medici.

Se gli viene diagnosticata una malattia come il mesotelioma pleurico il lavoratore ha tre anni di tempo per chiedere all’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale delle patologia e quindi per ottenere le prestazioni da parte dell’Istituto (ex art. 112 del D.P.R. n. 1124/1965).

Questo termine, rimane sospeso per 150 giorni, ovvero per il periodo massimo, prescritto dalla legge, per l’esaurimento da parte dell’INAIL del procedimento amministrativo deputato all’accertamento dell’origine professionale della malattia e quindi alla conseguente liquidazione dell’indennità al lavoratore (ex art. 111 D.P.R. n. 1124/1965).

Il termine di prescrizione di tre anni inizia a decorrere dalla data della diagnosi e quindi dal momento in cui il danneggiato ha avuto conoscenza della malattia e della sua origine professionale, ovvero avrebbe ragionevolmente potuto avere questa conoscenza.

In ogni caso è bene muoversi subito con l’INAIL, appena si ha la convinzione che la malattia ha un’origine professionale visto che i termini concessi dalla legge sono relativamente brevi.

In quali casi si può chiedere il risarcimento

Oltre alla rendita INAIL chi ha contratto una malattia causata dall’esposizione professionale all’amianto sul luogo di lavoro può chiedere il risarcimento dei danni se l’esposizione a questa sostanza è avvenuta per colpa di qualcuno.

In caso di esposizione professionale all’amianto, il datore di lavoro è responsabile per le lesioni e i danni conseguenti se non ha adottato le misure di prevenzione prescritte dalla legge nel caso di rischio amianto. In quel caso dopo aver ottenuto dall’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale della patologia e il correlativo indennizzo il lavoratore o l’ex lavoratore può chiedere al datore di lavoro il risarcimento di tutti i danni da amianto che conseguono alla malattia.

Purtroppo non solo le persone che hanno lavorato a contatto diretto con l’amianto corrono il rischio di contrarre malattie gravissime, ma anche i familiari di queste ultime. È il caso delle mogli dei lavoratori esposti che per anni hanno lavato in casa le tute dei mariti che erano coperte di fibre di amianto e che a distanza di anni si sono ammalate di mesotelioma o di cancro al polmone proprio a casa del contatto con la sostanza pericolosa.

Anche queste donne, e nel caso del loro decesso i familiari di queste ultime, hanno diritto di chiedere all’ex datore di lavoro dei mariti i danni conseguenti alle patologie asbesto correlate.

Il termine di prescrizione di tre anni inizia a decorrere dalla data della diagnosi e quindi dal momento in cui il danneggiato ha avuto conoscenza della malattia e della sua origine professionale, ovvero avrebbe ragionevolmente potuto avere questa conoscenza.

Se pensi di essere vittima di una malattia causata dall’amianto o se pensi che ad esserne vittima sia o sia stato un tuo congiunto, puoi contattarci al numero verde 800 034 223, verificheremo insieme se sussistono i presupposti per chiedere all’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale della malattia o per inviare una richiesta di risarcimento al datore di lavoro, che non ha rispettato la normativa a tutela della salute dei lavoratori.

Se il rapporto di lavoro è cessato si possono chiedere i danni al datore di lavoro?

I tumori causati dall’esposizione all’amianto hanno una latenza molto lunga: la loro diagnosi può avvenire anche a distanza di venti o trent’anni dalla prima esposizione alla sostanza tossica.

Spesso compaiono quando il lavoratore è in pensione e quindi il rapporto di lavoro si è concluso.

La prima domanda che ci viene fatta è se anche quando il rapporto di lavoro è cessato rimane il diritto al risarcimento del danno.

La risposta è sì. Anche se il lavoratore è in pensione ha diritto al riconoscimento della malattia professionale e al risarcimento del danno da parte dell’ex datore di lavoro. Oltre, naturalmente, alla rendita INAIL.

L’importanza di accertare l’esistenza del datore di lavoro a distanza di anni dalla cessazione del rapporto di lavoro

In questi casi il problema è verificare se a distanza di qualche decennio dall’attività di lavoro, il soggetto che era il datore di lavoro esiste ancora. Oppure, se non esiste più, se sia stato ceduto o assorbito da qualche società diversa.

Quindi, una cosa da fare è ricostruire la vicenda societaria che ha interessato il datore di lavoro, per capire se c’è ancora un soggetto responsabile dell’accaduto.

Bisogna cioè vedere se la ditta, chiamiamola così, che dava il lavoro alla persona che si è ammalata esiste ancora. Oppure, ed è un caso molto frequente, se non esiste più bisogna vedere se magari è stata comprata da qualcuno. E questo qualcuno è tenuto a rispondere dei danni.

A noi è capitato spesso, nelle gradi aziende metallurgiche oppure chimiche, che le società iniziali, quelle che davano il lavoro alla persona che si è ammalata, non esistessero più.

Guardando la loro vicenda, abbiamo però scoperto che non si erano estinte, bensì erano state trasferite, magari anche con due o tre passaggi successivi. Al termine di questi passaggi, a volte complessi, c’era una nuova società o un gruppo che ora è tenuto a rispondere.

Abbiamo quindi rivolto la richiesta di risarcimento a questo nuovo soggetto responsabile. La prima reazione è stata quella di rifiutare, negando la propria responsabilità.

Ma una volta messi di fronte alla prova – perfettamente valida sul piano civile – che la responsabilità per la malattia professionale si era trasferita con il trasferimento dell’azienda, i nuovi proprietari hanno accettato di pagare.

E abbiamo ottenuto importanti risarcimenti per i nostri clienti. Per questo è bene affrontare sempre casi così complessi con l’aiuto di un professionista competente ed esperto.

Spesso compaiono quando il lavoratore è in pensione e quindi il rapporto di lavoro si è concluso.

Se anche tu ti trovi in questa situazione contattaci senza impegno, possiamo valutare senza spese il tuo caso e capire se ci sono i presupposti per chiedere un risarcimento. Chiamaci al numero verde 800 023 223 o lasciaci un messaggio nella pagina “contatti”.
Il nostro team di avvocati e medici legali forte di un’esperienza pluriennale in questo tipo di casi, sarà in grado di assisterti in tutti gli aspetti della controversia.

Il Danno differenziale – responsabilità civile del datore di lavoro

Se il datore di lavoro viene ritenuto responsabile dell’insorgenza della malattia professionale, contratta dal lavoratore o dall’ex dipendente, a causa della violazione degli obblighi di comportamento, imposti da norme di legge vigenti in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (ex art. 2087 c.c.) è tenuto a pagare al danneggiato il “danno differenziale” ovvero un’integrazione risarcitoria rispetto a quanto il lavoratore ha già conseguito dall’INAIL sotto forma di rendita.

Il danno differenziale ristora il danno alla salute, alla capacità reddituale, il peggioramento della qualità della vita e il suo turbamento interiore, conseguenti alla malattia.

L’ammontare della somma dovuta dal datore di lavoro a titolo differenziale si ottiene sottraendo le prestazioni liquidate al lavoratore dall’INAIL dalla somma di tutte le voci di danno spettanti al danneggiato e conseguenti alla malattia professionale (biologico, morale, esistenziale, patrimoniale).

Esso, infatti, va a risarcire il lavoratore del pregiudizio subito sotto tutti gli aspetti e, quindi, a titolo di danno patrimoniale, biologico, morale, esistenziale.

Chi può chiedere il risarcimento e quali danni può chiedere al datore di lavoro

Anche familiari delle vittime delle malattie professionali causate dall’esposizione all’amianto hanno diritto di chiedere i danni al datore di lavoro responsabile civilmente per la violazione delle norme a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Per individuare correttamente le persone che hanno diritto al risarcimento, distinguiamo i danni da amianto che ha subito direttamente il lavoratore o l’ex lavoratore a causa della propria malattia da quelli subiti dai congiunti per la sua scomparsa.

1) I danni subiti direttamente dalla persona che si è ammalata e poi è morta possono essere fatti valere dagli eredi

Si tratta del danno c.d. differenziale corrispondente al danno biologico e morale-esistenziale per le lesioni, l’inabilità causata dalla malattia e del danno patrimoniale per le perdite economiche dovute alle spese da sostenere proprio in relazione alla malattia stessa e per la perdita di capacità lavorativa. Questi danni potranno essere pretesi dai suoi eredi. Nella maggior parte dei casi si tratta del coniuge e dei figli. In loro assenza anche i fratelli possono chiedere questo risarcimento. Si tratta di somme che vengono riconosciute per diritto ereditario in quanto sarebbero spettate direttamente al lavoratore che purtroppo è deceduto a causa della malattia professionale.

2) I danni morali ed economici diretti che hanno subito i congiunti

Il coniuge e i figli subiscono un danno diretto per la scomparsa del congiunto, in quanto egli non potrà più contribuire alle esigenze economiche della famiglia con il proprio lavoro. Possono di conseguenza chiedere il risarcimento del danno per queste perdite economiche.

I congiunti più stretti subiscono un danno morale per la perdita del familiare. Anch’esso è un danno diretto subito dai congiunti ed è dovuto al coniuge, ai figli, ai fratelli e alle sorelle della persona deceduta. Anche i nipoti hanno diritto al risarcimento del danno morale.

In questi casi, così dolorosi è bene sapere che il diritto al risarcimento del danno morale non spetta soltanto ai congiunti più stretti, come il coniuge e i figli della persona deceduta, ma si estende ai genitori, alle sorelle e ai fratelli e anche ai nipoti.

Se hai perso una persona cara a causa di una malattia professionale come il mesotelioma pleurico puoi contattare gli avvocati del nostro studio per sottoporgli il tuo caso.

Termini per richiedere il risarcimento e prescrizione

Il termine di prescrizione per chiedere all’ex datore di lavoro il risarcimento dei danni per il lavoratore che ha contratto la malattia professionale è di 10 anni dalla diagnosi della malattia professionale e quindi dalla consapevolezza del nesso di causa fra danno (malattia) ed esposizione professionale all’amianto. Trattandosi di illecito contrattuale il termine di prescrizione è quello ordinario decennale.

I congiunti del lavoratore dopo il decesso di quest’ultimo hanno invece 5 anni di tempo dal decesso causato dalla malattia professionale per chiedere all’ex datore di lavoro i danni morali da loro sofferti per la perdita del loro congiunto.

In entrambi i casi il consiglio è di non aspettare anni, ma di inviare il prima possibile una richiesta di risarcimento al responsabile civile anche per interrompere il termine di prescrizione.

Risarcimento integrale del danno

Per procedere alla liquidazione del danno biologico causato dalle malattie professionali asbesto correlate si utilizzano le Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, che forniscono dei parametri oggettivi e chiari per la quantificazione del danno non patrimoniale, nella sua diversa componente, biologica, morale ed esistenziale al fine di consentirne una liquidazione integrale e complessiva.

Il sistema tabellare è stato elaborato per garantire un metodo risarcitorio uniforme, in base al quale il risarcimento è liquidato secondo il c.d. punto variabile nei termini seguenti: viene stabilito un valore monetario che aumenta in base alla misura del pregiudizio subito dal danneggiato e diminuisce in funzione dell’età del danneggiato al momento del fatto, ovvero dalla diagnosi della malattia.

Il risarcimento si quantifica moltiplicando il grado di invalidità permanente per il valore monetario del singolo punto, diminuendo, mediante l’utilizzo di un fattore di demoltiplicazione, il risultato ottenuto in funzione dell’età del danneggiato.

Per poter applicare al singolo caso le tabelle di Milano è essenziale disporre di una valutazione medico-legale nella quale sono indicati i parametri da inserire come base di calcolo.

Risarcimenti e indennizzi per gli eredi del defunto

Gli eredi del lavoratore deceduto a causa di una malattia professionale, come ad esempio un cancro dovuto all’esposizione all’amianto, hanno diritto di

  • chiedere all’ex datore di lavoro il risarcimento dei danni subiti direttamente dal congiunto (danno differenziale) e dei danni morali subiti direttamente da loro, a causa della perdita dell’affetto della persona cara;
  • ottenere dall’INAIL una rendita che consiste in una prestazione di carattere economico che dopo la morte a causa di una malattia professionale viene erogata al coniuge, ai figli e in loro assenza – a determinate condizioni – ai genitori o ai fratelli o sorelle.

Il presupposto per ottenere la rendita è che la causa del decesso del lavoratore sia la malattia professionale.

A chi spetta l’indennizzo dell’INAIL dopo il decesso del lavoratore

La rendita INAIL spetta al coniuge e ai figli legittimi, naturali, riconosciuti o riconoscibili, adottivi fino a 18 anni, e ai figli a carico fino al 21° anno che frequentano la scuola media superiore che non hanno un lavoro retribuito, ai figli a carico fino al 26° anno di età che frequentano un corso di laurea universitario e che sono senza un lavoro retribuito, ai figli oltre il 26° anno di età se totalmente inabili.

In assenza di coniuge e figli la rendita spetta ai genitori ed fratelli e sorelle se a carico e conviventi.

Come chiedere all’Inail la rendita dopo la morte del congiunto

Il familiare che ha diritto di ottenere la rendita deve presentare alla Sede INAIL competente (quella di residenza del soggetto deceduto) una domanda insieme ai documenti che provano il suo diritto (ad esempio il certificato di stato di famiglia, certificazione medica sulla causa del decesso del familiare). La domanda può essere inviata anche per posta ordinaria o tramite Pec (Posta elettronica certificata).

La domanda va presentata nel termine di

  • 3 anni e 150 giorni che decorrono dalla data della morte, se la vittima non era già titolare di una rendita e quindi non gli era ancora stata riconosciuta l’origine professionale della malattia;
  • 90 giorni dal ricevimento della comunicazione con la quale l’INAIL informa i superstiti che hanno la possibilità di farne richiesta, a pena di decadenza, se era già stata riconosciuta l’origine professionale della patologia e costituita la rendita in favore del familiare.

Durata e decorrenza della rendita INAIL agli aventi diritto

Il diritto alla corresponsione della rendita decorre dal giorno successivo alla morte a causa della malattia professionale.

La durata della prestazione è la seguente:

  1. per il coniuge fino alla sua morte o finché non contrae un nuovo matrimonio;
  2. fino al 18° anno di età per tutti i figli,
  3. fino al 21° anno di età ai figli se studenti di scuola media superiore e senza un lavoro retribuito;
  4. fino al 26° anno di età per figli studenti di normale corso di laurea universitario e senza lavoro retribuito;
  5. fino alla morte per i figli totalmente inabili anche oltre il 26° anno di età;
  6. genitori naturali o adottivi, purché a carico, fino alla morte (in mancanza di coniuge e figli);
  7. fratelli e sorelle, solo se a carico e conviventi, con gli stessi requisiti previsti per i figli.

In base alla legge di stabilità 2014, ai superstiti di lavoratori deceduti a decorrere dal 1° gennaio 2014, spetta una rendita in misura percentuale calcolata sulla base della retribuzione massima convenzionale del settore industria.

Calcolo danno biologico morte da amianto

Gli eredi delle vittime delle malattie professionali asbesto correlate hanno diritto di chiedere all’ex datore di lavoro il danno biologico cagionato alla vittima che è stato loro trasmesso per diritto ereditario c.d. danno iure hereditatis.

Anche la Cassazione ha chiarito che “nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità psicofisica patita dal danneggiato per quel periodo di tempo, ed il diritto del danneggiato a conseguire quel risarcimento è trasmissibile agli eredi iure hereditatis” (cfr. Cass. civ., Sez. II, 28 agosto 2007, n. 18163).

Se ad esempio dalla diagnosi di un mesotelioma pleurico (data dell’evento dannoso) e la morte del congiunto causata dalla malattia è trascorso un anno, in questi 365 giorni la persona che si è ammalata ha percepito lucidamente l’esito letale della propria condizione, patendo oltre che nel corpo, molto intensamente, anche nella psiche ebbene è proprio il danno patito dalla vittima in questo lasso di tempo a dover essere risarcito ai suoi eredi.

In genere per calcolare il danno biologico iure hereditatis si utilizzano le Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano adottando come criterio di riferimento l’invalidità temporanea assoluta. Tale criterio però è insufficiente a liquidare in modo adeguato il danno se non adeguatamente personalizzato mediante l’aumento almeno del 50% dell’importo determinato utilizzando l’inabilità temporanea assoluta. In questi casi infatti dalla diagnosi della malattia al decesso l’esistenza della vittima è stata stravolta da sofferenze e enormi patimenti che devono essere ristorati.

Il nostro studio legale è altamente specializzato nel risarcimento dei danni causati dall’esposizione professionale all’amianto ed è riuscito ad ottenere ingenti liquidazioni per i lavoratori e per i loro familiari.
Se pensi di aver diritto ad un risarcimento, contattaci senza impegno al numero verde 800 034 223 valuteremo il tuo caso in modo rapido e efficace.

Il danno catastrofale

Oltre al c.d. danno biologico iure hereditatis andrà dunque risarcito anche il c.d. danno catastrofale che come chiarito dalla Cassazione va risarcito ogniqualvolta “la vittima che abbia percepito lucidamente l’approssimarsi della fine attivi un processo di sofferenza psichica particolarmente intensa che qualifica il danno biologico, e ne determina l’entità sulla base non già (e non solo) della durata dell’intervallo tra la lesione e la morte, ma dell’intensità della sofferenza provata”. (cfr. Cass. civ., Sez. Lav., 8 ottobre 2012, n. 17092).

In un caso di risarcimento del danno iure herditatis per mesotelioma pleurico la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che nel risarcimento si devono considerare le “ripercussioni massimamente penalizzanti che la malattia aveva avuto sulla vita del danneggiato, valorizzando, pertanto, nell’ottica di un risarcimento personalizzato, la penosità della sofferenza, le quotidiane difficoltà, le cure estenuanti e l’assenza di ogni prospettiva di guarigione, proprie di una persona affetta da una grave forma tumorale maligna ad esito infausto, che lo aveva condotto alla morte dopo quasi tre anni di malattia” (cfr. Cass. civ., Sez. Lav., 21 aprile 2011, n. 9238).

In tale fattispecie la Corte ha reputato congrua la liquidazione operata dalla corte territoriale pari al doppio del danno biologico.

Prepensionamento e pensione di inabilità per amianto

Chi si ammala a causa dell’esposizione professionale all’amianto ha diritto al prepensionamento.

Il lavoratore che si è ammalato ha diritto all’accredito delle maggiorazioni contributive per l’esposizione all’amianto previste dall’art. 13, comma 7 della legge n. 257/92 che consistono nella moltiplicazione del periodo di esposizione alle fibre di asbesto con il coefficiente 1,5. Questo calcolo consente un pensionamento anticipato.

Se nonostante le maggiorazioni previste dall’art. 13, comma 7 il lavoratore che si è ammalato a causa dell’esposizione all’amianto non riesce ad acquisire il diritto al prepensionamento dal 2019 può chiedere all’INPS la pensione di inabilità per amianto ovvero un prepensionamento per malattia, quindi a prescindere dai requisiti di anzianità contributiva ed anagrafica per il pensionamento.

Il D.M. del 16 dicembre 2019, pubblicato in G.U. n. 34 dell’11 febbraio 2020 ha stabilito i requisiti, le modalità di accesso e le tempistiche per la concessione del prepensionamento da amianto.

A decorrere dal 1° gennaio  2020, le  domande  di  accesso  al beneficio  del prepensionamento da amianto devono  essere  presentate all’INPS entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno.

Fondo vittime amianto (anche agli eredi)

Il Fondo vittime dell’amianto è stato istituito dalla Legge n. 244/2007 con l’art. 1, commi 241-246.

È gestito dall’INAIL e ha la funzione di erogare un indennizzo economico ulteriore ai titolari di rendite per malattie professionali correlate all’esposizione all’amianto o alla fibra “fiberfrax”, o agli eredi dei titolari di rendita, qualora la patologia asbesto-correlata ne abbia causato la morte.

Il beneficio è riconosciuto anche alle parti delle Unioni Civili, poiché queste, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 76/2016, sono state equiparate ai coniugi con la conseguente automatica applicazione delle norme sulle prestazioni economiche erogate dall’INAIL.

La prestazione aggiuntiva erogata dal Fondo

  • consiste in una percentuale della rendita INAIL percepita,
  • viene stabilita con un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
  • viene corrisposta dall’INAIL d’ufficio mediante due acconti e un conguaglio. Pertanto, non è necessario per gli aventi diritto presentare alcuna istanza.

Dal 2015 i benefici sono stati estesi alle persone che si sono ammalate di mesotelioma per una causa non professionale e quindi per esposizione familiare o ambientale. A queste persone dal 1° gennaio 2015 spetta una prestazione assistenziale una tantum di importo fisso pari a € 10.000,00, da corrispondere su istanza dell’interessato, o in caso di decesso, dei suoi eredi. Tutti coloro che hanno beneficiato della prestazione nella misura di € 5.600,00 nel periodo 2015-2019 possono chiedere l’integrazione.

Il completo risarcimento dei danni alle vittime dell’amianto

I contributi economici dell’INAIL alle vittime dell’amianto

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