Risarcimento del danno
Chiunque causa ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo.
Nel nostro sistema giuridico vige il principio per il quale ognuno è tenuto a comportarsi in modo tale da non ledere il diritto altrui.
Se qualcuno cagiona ad altri un danno ingiusto, è obbligato a risarcirlo.
Risarcimento e indennizzo
Il risarcimento si distingue dall’indennizzo.
Infatti mentre il risarcimento è l’attività imposta dalla legge per riparare ad un danno ingiusto, l’indennizzo è previsto in quei casi in cui non viene causato un danno ingiusto (e quindi non vi sarebbe alcun obbligo di risarcire i pregiudizi creati), ma la legge ritiene comunque opportuno che il soggetto leso riceva comunque una somma per equilibrare una situazione che rischierebbe di diventare ingiusta.
L’esempio più tipico è rappresentato dall’indennizzo previsto dall’art. 2045 del codice civile che stabilisce che chi causa ad altri un danno per salvare se stesso o altri dal pericolo di un danno grave alla persona (sempre che il pericolo non sia stato causato da lui) non è tenuto al risarcimento, ma il giudice può comunque riconoscere una somma al danneggiato a titolo di indennizzo. Si tratta del c.d. “stato di necessità”.
Condizioni per il risarcimento
Come abbiamo visto il danno può essere risarcito soltanto se è considerato “ingiusto” cioè se il pregiudizio alla posizione altrui non è giustificato da una norma che impone o consente un determinato comportamento, come accade appunto in caso di legittima difesa.
Il danno può poi derivare da un comportamento materiale tra due soggetti che non sono legati da alcun rapporto precedente, come accade nel caso del sinistro stradale.
In questi casi il danneggiato, per potere ottenere il risarcimento, oltre a provare l’esistenza di un danno e il fatto che questo deriva da un comportamento di un terzo, dovrà dimostrare anche che questo comportamento è stato negligente. Tecnicamente si dice che il danneggiato deve provare la colpa dell’agente.
Tuttavia il danno può anche essere la conseguenza dell’inadempimento di un contratto. Si pensi al caso dell’intermediario finanziario che non dando esecuzione ai sui obblighi di informazione nei confronti del cliente lo induca ad effettuare un’operazione di borsa che si rivela poi fallimentare.
In questi casi il danneggiato potrà limitarsi a contestare alla sua controparte una condotta negligente provando anche che da questo comportamento è derivato un danno. Sarà poi compito dell’altra parte provare di avere eseguito correttamente gli obblighi che derivavano dal contratto.
Infine, vi sono delle situazioni nelle quali anche se le parti non sono legate da alcun contratto si ritiene che, per effetto del particolare rapporto che viene ad instaurarsi tra di loro e del contesto in cui ciò matura, i loro obblighi siano regolati come se esse avessero stipulato un contratto. In caso di violazione di questi obblighi si parla quindi di responsabilità da “contatto sociale”.
È il caso, ad esempio, del rapporto che lega il medico e la casa di cura al paziente (vedi la scheda sull’errore medico).
Va comunque sempre tenuto presente che il danno può essere risarcito solo se esso è conseguenza immediata e diretta del comportamento del danneggiante. Per questo motivo chi intende richiedere il risarcimento deve sempre dimostrare che il pregiudizio si trova in rapporto di causa-effetto rispetto alla condotta del danneggiante. Si parla in questi casi di prova del nesso causale.
Il danno va in ogni caso dimostrato sia sotto il profilo della sua sussistenza sia sotto il profilo della sua quantificazione.
Può accadere tuttavia che a fronte alla prova certa della presenza di un danno non sia possibile quantificarlo. In questi casi il Giudice può procedere ad una quantificazione secondo principi di equità. È la c.d. valutazione equitativa del danno. Va però precisato che questa regola presuppone sempre che sia dimostrata l’esistenza di un danno, non potendo il Giudice utilizzare i suoi poteri equitativi per accertare la sussistenza del pregiudizio la cui prova sarà sempre onere del danneggiato