Nell’ipotesi in cui i danni siano stati causati da un’auto pirata, vale a dire un veicolo che il danneggiato non è stato in grado di identificare, non è richiesta al danneggiato una diligenza non comune nell’identificazione del danneggiante. La giurisprudenza ha riconosciuto la legittimità della richiesta di risarcimento danni da circolazione stradale di un pedone che non era stato in grado di rilevare il numero della targa dell’auto che lo aveva investito.
In caso di azione diretta proposta, ai sensi dell’art. 19 lett. a) della legge n. 990/69, nei confronti dell’impresa designata dal Fondo di garanzia per il risarcimento dei danni cagionati da veicolo non identificato, la prova del fatto costitutivo della pretesa risarcitoria, quanto all’avvenuto evento ad opera di ignoti, non richiede da parte della vittima un comportamento di non comune diligenza ovvero di complessa ed onerosa attuazione diretto all’identificazione del responsabile, dovendosi al riguardo valutare la esigibilità di un idoneo suo comportamento avuto riguardo alle sue condizioni psicofisiche ed alle circostanze del caso concreto (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha riconosciuto la validità dell’azione diretta nei confronti del fondo di garanzia fatta valere da un pedone vittima di un sinistro, che non era stato in grado di rilevare la targa dell’auto pirata).
(cfr. Cass. civ., Sez. III, 14 gennaio 2011, n. 745)