La Corte di Cassazione con la sentenza n. 12830/2014 ha ribadito il principio secondo cui il contenuto dell’informazione da dare al paziente nella chirurgia estetica dev’essere puntuale, con riferimento al possibile esito negativo dell’operazione.
Esiste pertanto responsabilità del professionista sanitario quando ad un intervento di chirurgia estetica consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava ad eliminare o ad attenuare se risulta accertato che di tale possibile esito peggiorativo il paziente non era stato adeguatamente informato. Ciò anche quando l’intervento chirurgico sia stato correttamente e scrupolosamente eseguito secondo le regole dell’arte medica.
Infatti, nel caso di intervento che non sia diretto a finalità terapeutiche e di tutela della salute, ma abbia come obiettivo il miglioramento delle condizioni estetiche del paziente, il chirurgo è tenuto a prospettare, durante l’informazione, non solo la possibilità di conseguire un effettivo miglioramento dell’aspetto fisco ma anche gli eventuali rischi di un peggioramento delle condizioni estetiche esistenti.
Data la particolare finalità perseguita dal paziente – ovvero il miglioramento dell’aspetto esteriore – il consenso al trattamento sanitario può dirsi consapevolmente rilasciato solo quando l’informazione fornita dal medico offra tutti gli elementi per una libera valutazione circa l’opportunità di sottoporsi all’intervento chirurgico.
Per questa ragione un chirurgo estetico è stato condannato dalla Cassazione al risarcimento del danno patito da una signora che, a seguito di intervento per la rimozione di un tatuaggio, aveva riportato sulla spalla una cicatrice a forma di losanga di circa 6 cm. Infatti, pur avendo il professionista operato nel rispetto di tutte le regole dell’arte medica, non aveva informato la paziente circa la possibilità dell’esito peggiorativo impedendole così, secondo la S.C. di rendere un consenso pienamente libero e consapevole al trattamento sanitario.